L’Alzheimer è una malattia neurodegenerativa progressiva che colpisce principalmente la memoria, il pensiero e il comportamento. È la forma più comune di demenza e si manifesta soprattutto negli anziani. Con il tempo porta a un deterioramento cognitivo grave che compromette l’autonomia della persona. Solo in Italia si stima che vi siano oltre 600.000 persone affette da questa malattia (dati tratti da “Alzheimer in Italia: i numeri, suggerimenti pratici e prospettive terapeutiche”, in www.emianopsia.com).
Recentemente è stato fatto un importante passo avanti nella diagnosi dell’Alzheimer: in Svezia si è sperimentato un nuovo esame del sangue che consente di individuare la malattia con un’accuratezza del 90%. Pubblicata su JAMA Neurology, la scoperta svedese potrebbe rivoluzionare l’approccio diagnostico a una delle patologie neurodegenerative più diffuse e devastanti. Infatti l’esame per l’individuazione dell’Alzheimer si basa sulla rilevazione di due biomarcatori fondamentali: la proteina tau fosforilata (p-tau 217) e il rapporto amiloide 42/40, entrambe collegate direttamente all’accumulo di placche e grovigli nel cervello, elementi tipici dell’Alzheimer. Fino ad oggi la loro individuazione ha richiesto esami invasivi, come il prelievo spinale, oppure costose scansioni cerebrali. Il nuovo test scoperto in Svezia è invece molto più semplice: basta un prelievo di sangue per riuscire a ottenere risultati affidabili senza ricorrere a tecniche invasive o complesse. Lo studio, secondo quanto è stato pubblicato su www.repubblica.it nell’articolo “Un nuovo esame del sangue individua l’Alzheimer nel 90% dei casi”, ha coinvolto più di 1.200 persone con un’età media di 74 anni, comprendendo sia pazienti già affetti da Alzheimer sia soggetti con declino cognitivo lieve o ancora in salute. I dati raccolti hanno dimostrato che il nuovo esame è più preciso sia dei test cognitivi sia delle tomografie, individuando la malattia nel 90% dei casi. Un altro aspetto positivo è la sua capacità di intercettare la malattia in una fase molto precoce, persino prima della comparsa dei sintomi. Ciò apre scenari nuovi per la medicina preventiva e per l’avvio di trattamenti più tempestivi che potrebbero rallentare il progresso della malattia e migliorare la qualità della vita dei pazienti. Nonostante l’entusiasmo, gli esperti sottolineano la necessità di procedere con cautela. Il test non è ancora destinato all’uso di massa, specialmente in assenza di sintomi. È consigliato principalmente in contesti clinici specializzati o nell’ambito di studi di ricerca, in attesa che vengano sviluppate terapie in grado di intervenire efficacemente nella fase iniziale della malattia.
Il costante aumento dell’età media della popolazione e la conseguente crescita dei casi di Alzheimer rendono particolarmente importante la scoperta di questo nuovo esame per l’individuazione di una delle peggiori e più diffuse malattie neurodegenerative. Il test sperimentato in Svezia potrebbe diventare uno strumento fondamentale per il futuro della sanità: una diagnosi precoce infatti non solo migliorerebbe la gestione clinica, ma offrirebbe anche più tempo per pianificare interventi e supporti adeguati sia per i pazienti sia per le loro famiglie.
Maria Pia Di Girolamo
Interessante! Speriamo arrivi presto in Italia