Lo scorso 10 febbraio Papa Francesco, durante il 6º incontro mondiale del Forum dei Popoli Indigeni promosso dal Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo (IFAD), ha ricevuto in udienza 40 leader delle popolazioni indigene.

In una lettera scritta in precedenza al Santo Padre, i popoli indigeni si erano mostrati preoccupati per le azioni distruttive compiute contro i loro territori. Hanno così scritto: “i pericoli che incombono sul nostro mondo non solo persistono dal nostro ultimo incontro nel 2019, ma sono drammaticamente peggiorati per molti aspetti. Gli esseri umani continuano a distruggere la natura, a inquinare le nostre acque e a incendiare le nostre giungle e foreste”.

Pertanto il Papa, con questo incontro, ha voluto ribadire la gravità dell’odierna crisi sociale e ambientale e, dopo aver evidenziato il contributo dato per la protezione del nostro pianeta dalle popolazioni indigene, ha invitato tutti a seguire il loro modello di vita per salvaguardare la biodiversità e garantire alle prossime generazioni un futuro sostenibile sulla Terra.

Nonostante costituiscano solo il 6% circa dell’intera popolazione mondiale, questi popoli infatti riescono a vivere in armonia con la natura e a preservare l’80% della biodiversità del nostro pianeta. Molto spesso però essi non vengono apprezzati nel modo giusto e i loro diritti non vengono quasi mai rispettati, anzi sono calpestati dagli interessi colonialistici delle grandi potenze del mondo che hanno interesse soltanto a sfruttare al massimo le risorse disponibili, non pensando ai danni che possono provocare all’ambiente e all’umanità stessa.

La corsa alle risorse naturali, come il legname delle foreste pluviali o i giacimenti di cui sono ricche le aree minerarie, sta creando gravi difficoltà ai popoli autoctoni ai quali viene negata anche la possibilità di partecipare a qualsiasi processo decisionale che riguardi le loro terre.

Eppure la deforestazione e l’attività estrattiva selvaggia sono le principali cause del cambiamento climatico che ha fortemente compromesso la vita delle popolazioni indigene la cui economia si basa su attività, come l’agricoltura, strettamente legate all’ambiente.

La mancanza di sostegno e di protezione ha inoltre provocato molto spesso azioni violente, o addirittura omicidi, contro quegli indigeni che hanno tentato di tutelare la natura. Come si legge su www.globalwitness.org, oltre un terzo dei 227 attivisti per il clima e l’ambiente uccisi nel mondo nel 2020, proveniva da comunità indigene e quasi tre omicidi su quattro sono avvenuti in America Latina.

Purtroppo, fin quando le industrie estrattive e di sfruttamento che alimentano l’economia globale non verranno fermate, il mondo non potrà mai trovare una soluzione alla crisi climatica.

A causa del loro stretto rapporto con l’ambiente, come già scritto, le popolazioni indigene sono particolarmente vulnerabili agli effetti di questa crisi che sta minacciando seriamente i loro mezzi di sussistenza, mettendo a repentaglio attività come l’agricoltura, la pastorizia, la pesca o la caccia.

È importante quindi, come ha detto il Papa, lanciare un grido di aiuto ai governi del mondo, affinché questi popoli siano ascoltati e venga loro riconosciuto il diritto di “vivere in libertà, pace e sicurezza”, così come si legge all’articolo 7 della Dichiarazione delle Nazioni Unite sui Diritti dei Popoli Indigeni.

Gli indigeni, d’altronde, sono stati i primi a capire che non siamo i padroni di questo pianeta, bensì gli ospiti di una meravigliosa Terra che ci è stata affidata perché sia per noi una madre, capace di dare ciò che è necessario a ciascuno di noi per vivere.

Non resta che augurarci che l’intervento del Santo Padre sensibilizzi l’intera umanità, affinché si smetta di divorare avidamente le risorse naturali o di fomentare inutili guerre che portano solo disperazione e distruzione.

di Simone Bellomare